Prometheus e la caduta di Ridley Scott

E’ strano dirlo di un prequel, che almeno una coda dovrebbe per forza averla, ma Prometheus non ha proprio né capo né coda. Apparentemente gli sceneggiatori di Ridely Scott si sono sforzati di spiegare una delle prime scene di Alien, là dove si scopre che una civiltà di alieni (chiamati Space Jockey) è stata sterminata e sfruttata da altri alieni parassiti…

Globartmag Letteratura: 50 sfumature di spazzatura

«Perché non ti piace essere toccato?» domando, guardando i suoi occhi dolci grigi. «Perché dentro ho cinquanta sfumature di tenebra, Anastasia». Questo scambio di battute che sembra uscito da un film di James Bond appartiene al caso letterario dell’anno: un libro Harmony con venature porno per casalinghe annoiate. Eppure questa è la letteratura che piace in Italia, anzi nel mondo.  L’autrice, E. L. James (pseudonimo di Erika Leonard, ovviamente se la ride, forte di una trilogia interminabile. Ma come faranno questi pseudo-scrittori a tirar avanti una storia trita e ritrita e per giunta scritta con i piedi? Vediamo cosa ne pensa la rete…

Apple presenta il nuovo iPhone 5

Apple presenta il suo nuovo gioiello: l’Iphone 5 è fatto di vetro e alluminio.Esteticamente la nuova generazione di iPhone porta aumenti e tagli di dimensioni: iPhone 5 è più alto, per incorporare il nuovo display da 4 pollici, ma mantiene immutata la larghezza rispetto al 4s. Il chip è l’A6, più veloce e più piccolo, nuova fotocamera da 8 megapixel di alta efficienza con vetro super trasparente e performance migliorate. Nuove funzioni: condivisione dei photo stream e nuova funzione panorama. Tre microfoni e nuova cassa integrata. Il display Retina del nuovo iPhone è widescreen in formato 16:9, con una risoluzione di 1136×640 pixel…

Bella, addormentata e furiosa

La delusione a Venezia per un buon film, forse non il migliore di Marco Bellocchio. Il regista furioso per l’emorragia di premi, qualcuno parla di complotto ma guardando in faccia alla realtà quello di Bellocchio è un Film composto e ben recitato che sembra voler restar nel mezzo, senza mai prendere una posizione…

David Cronemberg bissa il flop con Cosmopolis

Quel geniaccio di David Cronemberg non ha certo bisogno di presentazioni, alcune sue pellicole come Scanners, Videodrome, La mosca, Inseparabili, Il Pasto nudo e Spider possono bastare ad annoverare il suo nome nei libri di storia del cinema e non solo. A volte però anche i geni infallibili prendono incredibili cantonate, sarebbe a dire le classiche eccezioni che confermano la regola.

Il nostro Cronemberg, dopo aver sfornato un capolavoro come La promessa dell’assassino, ha poi prodotto un’opera alquanto discutibile e prolissa come A Dangerous Method. C’era quindi molta attesa per questo Cosmopolis, ultima fatica del regista canadese tratta dall’omonimo romanzo di Don DeLillo. Attesa che in parte è stata tradita dall’estrema complessità di un film che a volte si annoda su sé stesso.

Scoprire Hunger dopo Shame

Come spesso succede dalle nostre parti, quando un regista riceve un successo inaspettato con una sua pellicola, anche le sue opere precedenti vengono ridistribuite. Anche con Steve McQueen è andata più o meno così. Parliamo ovviamente di una nostra vecchia conoscenza, visto che McQueen è anche uno dei più acclamati protagonisti dell’arte contemporanea. Nel 1999 si è aggiudicato il prestigioso Turner Prize e nel 2007 ha esposto alla Biennale di Venezia, sino a giungere al tripudio del 2009 dove sempre in laguna ha occupato il Padiglione Britannico, proponendo un film che vedeva come protagonisti proprio i Giardini di Venezia, visti nel periodo precedente l’esposizione, evidenziando così la differenza tra i sei mesi che ogni due anni vedono quella zona protagonista, e i rimanenti diciotto, dove la desolazione regna sovrana.

Noi quindi conoscevamo McQueen, i borghesucci del cinema italiano  dovevano ancora scoprirlo e lo hanno fatto con Shame, pellicola che ha stuzzicato i pruriti porno di chi non ha il coraggio di guardare un porno.

Lady Pink, la prima eroina della street art


Il mondo della Street Art non è certo un mondo facile. Tra azioni notturne, fughe dalla polizia, lotte per mantenere uno stretto anonimato e “guerre” creative tra le diverse crews, bisogna avere nervi saldi ed una tempra d’acciaio se si vuole emergere. Roba da uomini duri direte voi ma in questi ultimi anni anche donne del calibro di Swoon, Miss Van e Toofly (tanto per citare solo alcuni nomi del vasto panorama street al femminile) hanno dimostrato di essere dotate di grande coraggio e grande visione creativa, al pari dei loro colleghi uomini.

Certo negli anni ’70 a New York erano ben poche le donne dedite a questa meravigliosa disciplina artistica. Una di queste è però entrata nella storia . Parliamo di Lady Pink, artista nata in Ecuador nel 1964 e cresciuta a contatto con la spumeggiante rivoluzione graffiti della Grande Mela. La carriera di Lady Pink inizia nel 1979 quando il suo ragazzo, street artist, viene arrestato.

Quando l’arte italiana si trasforma in un “tour all’interno del cervello di Silvio Berlusconi”


Lo stato di profonda consunzione in cui versa la cultura italiana non mi stupisce più di tanto ma il bello è che le cose in questi ultimi tempi sono decisamente peggiorate. Fino a poco tempo fa le brutte figure restavano in famiglia, oggi grazie a Vittorio Sgarbi, all’ex ministro Sandro Bondi che ha caldeggiato la sua nomina alla curatela del Padiglione Italia ed al presidente della Biennale Paolo Baratta che lo ha praticamente appoggiato in tutto e per tutto (richiamandolo con lettere profumate ad ogni suo finto tentativo di rinunciare le dimissioni), l’arte contemporanea italiana è divenuta lo zimbello di tutto il mondo.

Proprio oggi Adrian Searle del Guardian ha pubblicato un articolo che suona più o meno così: “Il Padiglione Italia, un padiglione evitato dalle persone sane e visitato solo da quelli che ci sono capitati per caso. Noiosamente provocatoria, la mostra di Sgarbi è piena di cose orribili e kitsch, con un allestimento che fa impallidire. Con i suoi cliché ed il suo populismo-spazzatura il Padiglione Italia è come un tour all’interno del cervello di Silvio Berlusconi”.

Bice Curiger poco coraggiosa? Tutta colpa dell’Industrialminimalism

klara liden

Il Padiglione Minestrone Italia di Vittorio Sgarbi è stato accusato da più parti di aver sciorinato una sequela di artisti fuori da ogni sistema canonico. Tra pittori della domenica e qualche povero “buon nome” capitato per sbaglio negli inferi di un allestimento surreale, il Vittorione Nazionale è riuscito a collezionare una sfilza di critiche negative che hanno praticamente affossato definitivamente la nostra arte contemporanea, già reduce da un’edizione 2009 curata da Luca Beatrice e Beatrice Buscaroli non proprio all’altezza delle aspettative.

Dall’altra parte della barricata si stagliano le ILLUMInazioni di Bice Curiger, alcuni critici e riviste di settore hanno definito la mostra della svizzera come una serie di scelte di sistema, troppo simili alle precedenti selezioni dei predecessori Maria Corral e Rosa Martinez (2005), Robert Storr (2007) e Daniel Birnbaum (2009). L’urgenza di rispettare una certa metodologia a volte può costringere all’errore ma è lapalissiano che tra gli orrori di Sgarbi e le misurate emozioni della Curiger esistono dei divari incolmabili che è inutile elencare in questa sede.

Werner Herzog arriva anche in Italia con Cave Of Forgotten Dreams

E’ finalmente giunto anche in Italia Cave Of Forgotten Dreams, il documentario 3-D di Werner Herzog interamente girato all’interno della grotta di Chauvet. Il film è stato infatti presentato dal 28 aprile all’8 maggio 2011 al Trento Film Festival ma ancora non è noto quando potremo vederlo nelle sale italiane.

Il documentario non tradisce il puro stile herzoghiano, ipnotico e mistico, caratterizzato da una minuziosa ossessione per i dettagli. Herzog ha lavorato in condizioni precarie, spazi ristretti e con poca attrezzatura ma non ha mancato di inserire la sua cifra artistica all’interno del progetto. L’uso delle tecniche 3-D è talmente ben fatto che il visitatore ha la netta impressione di trovarsi all’interno della grotta a sfiorare gli antichi disegni parietali e camminare fra cumuli di resti. La colonna sonora composta da Ernst Reijseger non è propriamente all’altezza della pellicola e frequentemente rompe la delicata magia di  momenti mozzafiato.

L’ultima “Devozione” di Gian Maria Tosatti

Si chiude con un Testamento il ciclo di installazioni ambientali intitolato Devozioni e sviluppato da Gian Maria Tosatti dal 2005 ad oggi. Questa decima tappa, curata da Alessandro Facente e prodotta dalla Fondazione VOLUME!, rappresenta l’apice di una sofferta meditazione sul tempo e sulla memoria dove la totalità dell’esperienza umana appare come un grande silenzio fra due pensieri, un silenzio riempito dal lontano e disturbato suono di un messaggio radiofonico.

La solitaria missione esplorativa del fruitore all’interno della Torretta dell’ospedale San Camillo di Roma diviene un tentativo estremo di afferrare la realtà attraverso ciò che di essa rimane, in un’ascesa fisica proporzionale ad una discesa della coscienza all’interno del ricordo.

Un Giovanni Albanese Senza arte né parte

Vi piacerebbe vedere l’arte contemporanea messa in ridicolo sul grande schermo? Bene, se siete così masochisti da desiderare tutto questo da oggi in poi avete il film che fa per voi. Stiamo parlando dell’ennesima genialata di Giovanni Albanese che nella sua ultima fatica intitolata Senza arte né parte riesce ad allungare il brodo di un “anche tu puoi essere artista” per circa novanta minuti dove c’è anche tempo per sollevare un dialogo sui massimi sistemi attorno ad opere di Pino Pascali e compagnia cantante.

Certo se un film del genere l’avesse diretto Rainer Werner Fassbinder non staremmo qui a parlare dell’ennesimo tentativo di “istruire” il pubblico con metodi totalmente sbagliati ma a noi italiani piace “fare cultura” in altri termini ed allora becchiamoci questa allegra brigata composta da Vincenzo Salemme, Giuseppe Battiston e Hassani Shapi.

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