Diane von Furstenberg copia Dalì e Magritte per la sua nuova linea di abiti

Ai più attenti questa foto farà certamente venir alla mente qualcosa. Ma di cosa si tratta in realtà? Forse di una manipolazione digitale eseguita da un qualche giovane artista che ha deciso di seguire le orme dei grandi maestri del surrealismo? Niente di ciò, la foto che vedete qui sopra è l’ennesimo esempio di quanto il mondo della moda in questi ultimi tempi sia a corto di idee e di quanto esso attinga a piene mani dall’arte contemporanea.

Già perché questo cartellone pubblicitario fa parte della nuova campagna primavera-estate del noto fashion brand Diane Von Fursenberg. Ad un’accurata analisi della scena è possibile scorgere sullo sfondo (cielo, paesaggio desertico ed elemento architettonico) grandi rimandi a Salvador Dalì mentre la sfera che si intravede sembra proprio una creazione di René Magritte. Passando al soggetto principale le cose non cambiano, l’ovale della modella in primo piano chiama nuovamente in causa René Magritte anche se a guardarla bene quella superficie specchiante sembra esser scopiazzata dall’inquietante figura in nero che compare in Meshes of The Afternoon, capolavoro di surrealismo in pellicola della grande Maya Deren, una delle più grandi esponenti del cinema sperimentale nonché pioniera della video arte.

Ironia ed arte contemporanea in due mostre a New York

L’ironia è una componente fondamentale nell’arte contemporanea. Se pensate alla creatività di Marcel Duchamp ad esempio è impossibile non notare la forte carica ironica che traspare da ogni sua opera. Eppure Duchamp tramite l’ironia dei Readymades è riuscito ad influenzare intere generazioni artistiche tanto che oggigiorno è possibili ravvisare la sua impronta nella stragrande maggioranza delle opere che vediamo nelle gallerie d’arte contemporanea.

L’ironia è il fulcro della mostra dal titolo Knock Knock: Who’s There? That Joke Isn’t Funny Anymore (traducibile in Toc Toc: Chi è? Questo scherzo non è più divertente) in visione alla Fred Torres Collaborations ed alla Armand Bartos Fine art di New York fino al prossimo 24 aprile. I dealers hanno raggruppato più di 75 opere (iniziando da Duchamp ovviamente) che oltre ad esaminare i meccanismi dell’ironia ma anche i suoi fini. Elana Rubinfeld e Sarah Murkett, rispettivi direttori delle gallerie coinvolte nel progetto, hanno vagliato il lavoro di 400 artisti alla ricerca del tanto sperato sense of humor.

Delitto e castigo, una mostra sul crimine al Museo D’Orsay di Parigi

 Siamo a Parigi, esattamente il 30 settembre del 1981 il ministro francese di grazia e giustizia Robert Badinter riesce ad abolire la pena di morte in tutta la nazione. Ci sono voluti circa duecento anni di dibattiti e polemiche per arrivare a questa importante decisione. Fu infatti nel lontano 1791 che Louis-Michel Le Peletier de Saint-Fargeau cercò di convincere l’Assemblea Costituente ad abolire la pena capitale. Dal 1791 al 1981, dalla Rivoluzione Francese ai giorni nostri, si è lungamente parlato di giustizia divina e giustizia terrena e sul fatto che un uomo non può sostituirsi a Dio e sottrarre la vita ad un altro uomo.

Duecento anni di pena capitale hanno però creato vere e proprie figure criminali memorabili, oscure e malevole presenze che hanno foraggiato la letteratura ispirando maestri come Sade, Baudelaire, Dostoevskij e Camus. Il crimine ed in particolare l’assassinio ha alimentato anche le arti visive, nei maggiori pittori come Francisco Goya, Théodore Géricault, Pablo Picasso e René Magritte, le raffigurazioni del crimine o della pena capitale hanno portato alla creazione di opere straordinarie. Anche il cinema, fa subito suo il fascino inquieto di una violenza estrema e la rappresentazione della stessa è trasformata in piacere, addirittura in voluttà.

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