Se Yelp diventa una piattaforma critica

In questi giorni, ad esser precisi lo scorso venerdi, Yelp inc. ha fatto il suo ingresso nel difficile mondo della borsa di Wall Street. Per quanti di voi non lo conoscessero, Yelp è una sorta di social network dove gli utenti possono creare un account personale ed in seguito scrivere delle vere e proprie recensioni sulle attività commerciali ed i servizi delle loro città. In Italia Yelp è stato lanciato verso la fine del 2011 mentre negli States la piattaforma esiste già da diversi anni, vale a dire dal “lontano” 2004.

Dovete sapere che Yelp conta 63 milioni di visitatori unici al mese ed i suoi utenti hanno scritto circa 21 milioni di recensioni. Con un bacino di recensioni così ampio era inevitabile che prima o poi si finisse a parlare di arte contemporanea.

Douglas Huebler, il Grande Correttore

Il mondo è pieno di oggetti, più o meno interessanti; Io non voglio aggiungerne altri”, una frase emblematica questa dell’artista statunitense Douglas Huebler (1924 – 1997), partito dall’espressionismo astratto ed approdato a seminali ricerche concettuali, basate su di una commistione tra fotografie ed interventi testuali provenienti da una mitologia squisitamente personale. La sua affermazione, citata all’inizio di questo articolo, risulta ancor più attuale in tempi di sistematica iperproduzione di immagini.

Anche Huebler produceva immagini ma il suo intento non era quello di aggiungerle alla massa pregressa, quanto quello di utilizzare la macchina fotografica come un crudo attrezzo che copia la realtà, che serve solo per documentare un qualsivoglia fenomeno gli si presenti davanti. Nel far questo Huebler ha evitato una scelta estetica focalizzando la sua attenzione sull’essenza dei fenomeni. Ed è così che l’artista ci spinge ad ammirare la realtà degli oggetti all’interno di uno specifico sistema, senza tentare di aggiungerne altri, sottraendo semmai gli stessi all’ambiente circostante.

Allora & Calzadilla: amore, odio ed una punta di Cattelan

Ruth Fremson/The New York Times

Questa edizione della Biennale Di Venezia sarà sicuramente ricordata per le eccentriche e chiacchierate opere del duo Allora & Calzadilla. I due artisti di Porto Rico hanno catturato (ed in certi casi indispettito) l’attenzione generale con il loro tank rovesciato a far da contrappunto alla sobria architettura del padiglione degli Stati Uniti. Polemica sulle politiche guerrafondaie, crisi annunciata di un sistema ormai allo sbando, le opere dei Allora & Calzadilla hanno molteplici significati.

Senza dubbio fondamentale è stata la partecipazione di un nutrito gruppo di atleti statunitensi al folle progetto del duo, il campione olimpico Dan O’Brien ha infatti corso sul tapis roulant posto sui cingoli del carro rovesciato, mentre all’interno del padiglione altri ginnasti hanno eseguito le loro figure sopra sedili di aeroplano.

Padiglione Minestrone Italia™ by Vittorione Nazionale™: cosa ne pensano i giornali?

Un'immagine dell'allestimento finale del Padiglione Italia

Sul Padiglione Minestrone Italia™ del Vittorione Nazionale™ in quel della Biennale abbiamo scritto fin troppo e ci sembra inutile giudicare ulteriormente qualcosa di  talmente assurdo e doloroso per la nostra martoriata nazione. Riportiamo qui di seguito alcuni articoli apparsi sui maggiori quotidiani italiani, lasciandoli parlare al nostro posto, via alle danze:

“Se l’arte non è «Cosa Nostra», rimane però, in Italia, un affare di famiglia. Perché come racconta lo stesso Sgarbi, c’è chi ha scelto un’artista anche perché era figlio di un conoscente (ad esempio Francesca Leone, nominata da Ennio Morricone che era amico del padre) o di un parente. E in realtà, più che lo stato dell’arte («Perché dovevo limitare le opere? Non potevo mica limitare il numero degli intellettuali cui affidare la scelta», dice lui), il Circo Sgarbi racconta lo stato e i gusti degli intellettuali italiani.” di Rocco Molinterni su La Stampa del 1 giugno 2011.

Air – Love 2

Se qualcosa c’è stato è stato molto tempo fa. Gli Air di oggi sono una vaga ripetizione di quel tormentone lounge progressive elettro haute couture a cui ci avevano abituati. I revival pop di Talkie Walkie sono lontani e questo Love 2 sembra il titolo di un sequel che nessuno attendeva. la track Do the Joy sembra il portabandiera di questo sound obsoleto che ci propinano oggi gli Air, il duo continua poi con gli innesti kraut di Dead Bodies ed il sound da telefilm ani ’70 di Be a Bee.

Jay Reatard – Watch Me Fall

Che folletto maligno questo Jay Reatard, la straordinaria malleabilità della sua voce poi mi conquista e mi riconquista: falsetto, normale, falsetto, brutale non chiedo di meglio. Arrangiamenti a tutta velocità

Piero Ciampi – Adius

Genio e sregolatezza, alcool ed ironia ma soprattutto un immenso talento che l’Italia non gli ha mai riconosciuto. Questo è Piero Ciampi, autore ruvido,girovago e sfacciato ma dalla poetica infinita. Il cantautore livornese ha creato il suo mito con una manciata di album, snobbati dalla critica e dal pubblico dell’epoca. Indimenticabili le sue canzoni Andare camminare lavorare, Cristo tra i chitarristi, Uffa che noia, Il vino, Adius e Te lo faccio vedere chi sono io.

Múm – Sing along to songs you don’t know

Non saprei come pronunciarmi su questo quinto album dei Múm, certo mi piace la loro armonia fiabesca, le loro pianoline, i loro strings tremolanti ed i ritmetti digital beat anni 80 con risvolti happy. Ma c’è qualcosa in questo Sing along to songs you don’t know che non mi convince. Tutto prestabilito e ben confezionato, voci che alternano tra maschile e femminile, ambientazioni lo-fi, marimba e quanto altro che potrebbe pure suonare innovativo se non fosse per la struttura delle canzoni che è decisamente troppo “giàsentito giàvisto giàsuonato”.

David Sylvian – Manafon

Torna il barone della musica intimista, è infatti da poco uscito il nuovo disco di David Sylvian ex leader dei Japan e carsimatica voce dai toni profondi e drammatici. Languido, e scarno come se stesse leggendo versi di poesie Sylvian plasma questo Manafon partendo dall’avant-garde, dall’improvvisazione elettroacustica e dalla post-glitch elettronica.

Girls – Album

Album ( semplicemente ), il debutto dei Girls propone vecchie atmosfere e vecchie sonorità che riaffiorano. Un tot di Beach Boys ed un tot di lo-fi e anche se tante cose sembrano già sentite la loro sporcizia unita alla disincantata voce di Christopher Owens.

Plastic Ono Band – Between My Head and the Sky

76 anni e non sentirli, Yoko Ono da poco incoronata regina dell’arte alla Biennale di Venezia, lancia il suo nuovo disco con la Plastic Ono Band, storica formazione che questa volta si è lasciata aiutare da Cat Power e Le Tigre, segno che la Yoko non ha mai smesso di proiettarsi in avanti sia nell’arte contemporanea sia nella musica.Garage rock a go-go in questo Between My Head and the Sky, fin dalla prima traccia Waiting for the D Train.

Antony and the Johnsons – The Crying Light

Album uscito nella prima metà del 2009 ma che non avevamo ancora potuto recensire. Questo nuovo capitolo del poetico Antony Hegarty risulta essere meno complesso ed ermetico di I Am A Bird Now ma la fluidità e la maestosità di un’orchestrazione perfetta rimane la cifra stilistica di un grande autore che riesce a trasformare la musica in esperienza visiva. Arte contemporanea per le orecchie questo The Crying Light che trae la massima intensità da melodie minimaliste e basiche, liriche sommesse ma emozionanti che sembrano aprire una porta tra nascita, vita e morte.

Volcano Choir – Unmap

Ascetico, intimista, poetico e chi più ne ha più ne metta. Questo disco di Volcano Choir è il prodotto di una persona chiusa all’interno di un rifugio per mesi in compagnia della sola chitarra e diavolo se suona bene! Nella traccia Wolves ad esempio voci, suoni ed imprevisti sonori si fondono all’insegna della sperimentazione.

The Jesus and Mary Chain – The Power Of Negative Thinking: B-Sides & Rarities

Difficile da capire oggi l’importanza di una band come the Jesus And Mary Chain. Eppure in quel pastrocchio indie della scena musicale inglese di metà anni 80 loro debutto del 1985 dal titolo Psychocandy fu veramente qualcosa di nuovo. Una bella ventata d’aria fresca contornata da concerti live pieni di feedback e rumori distorti di ogni genere, a volte ripetuti per venti o trenta minuti mandando letteralmente in bestia il pubblico.

preload imagepreload image