Robert Morris

 

Robert Morris, nato a Kansas City nel 1931, studia filosofia e psicologia, formazione che avrà ampia influenza sul suo percorso artistico. Da sempre interessato al corpo umano, al movimento di questo nello spazio e alla sua relazione con gli oggetti, Morris si esprime in un ambito strettamente concettuale, oscillando tra il Minimalismo, la Land Art ed altre correnti, senza però legarsi mai a nessun movimento artistico. Il suo percorso è piuttosto caratterizzato da una solida base teorica e la sua ricerca è sempre accompagnata da saggi e altri scritti di approfondimento…

ALTRA NATURA. PROPOSTE DALLA COLLEZIONE DEL MUSEO | Museo Pecci Milano

ALTRA NATURA è il ciclo espositivo incentrato sulla collezione del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato, che inaugura la presentazione di nuove proposte al Museo Pecci Milano mercoledì 25 gennaio 2012. La mostra, che resterà aperta fino al 20 febbraio 2012, esplora alcune ipotesi di Altra natura, elaborazioni artistiche intorno all’idea di natura e, allo stesso tempo, riflessioni sulla natura dell’arte per offrire al visitatore informazioni sui processi generativi, le manifestazioni ed esperienze fisiche e mentali dell’arte contemporanea. Le opere di nove artisti, incluso un progetto speciale di Luca Bolognesi in collaborazione con Lo schermo dell’arte Film Festival e due installazioni in situ di Massimo Uberti, sono riunite in un percorso inedito da vedere e da sentire.

Giardino fiorito_Michael Lin
Nell’installazione a pavimento creata per il Centro Pecci da Michael Lin (Floor Painting, 2010), il disegno floreale dipinto trasforma lo spazio espositivo in un accogliente luogo di benvenuto, un giardino che invita ad accomodarsi e farsi avvolgere nei suoi colori brillanti. Sulla tela dipinta (Pillow, 2008) Lin si appropria di motivi decorativi floreali dei tessuti tradizionali taiwanesi degli anni Cinquanta, che diventano la cifra stilistica della sua rappresentazione artistica. In occasione dell’esposizione delle opere sarà presentato il primo volume monografico italiano dedicato al lavoro di Michael Lin, pubblicato da Maretti editore, che documenta la mostra personale dell’artista a Prato (2010-2011).

Quando l’arte contemporanea uccide

Visto che la recente installazione di Ai Weiwei in mostra alla Turbine Hall di Londra è stata praticamente chiusa al pubblico per non provocare danni alla salute, qui di seguito troverete alcuni allarmanti casi in cui l’arte contemporanea ha fatto più danni di un attacco terroristico. Dopotutto la polvere di Weiwei è nulla di fronte a questi incredibili accadimenti.

Nel 1971 la Tate Gallery ospitò la mostra Bodyspacemotionthings di Robert Morris. Le installazioni presenti all’evento formavano una sorta di parco giochi, con enormi dischi di legno dentro ai quali rotolare o scivoli ed altre strutture, la mostra fu in seguito chiusa e a causa di infortuni. Bodyspacemotionthings fu ripetuta nel 2009 sempre al Tate. Bollettino medico 23 feriti.

Nel 2007 Doris Salcedo eseguì l’installazione Shibboleth alla Turbine Hall del Tate di Londra. L’opera era in realtà una grande fessura nel pavimento di 167 metri  di lunghezza. In alcuni punti la fessura era talmente grande che un bambino poteva caderci dentro. Bollettino medico: 15 feriti nel primo mese della mostra.

Un nuovo libro svela la “vita spericolata” di Leo Castelli

Leo Castelli ha gestito dagli ’50 fino alla fine degli anni ’90 la Leo Castelli Gallery al numero 420 di West Broadway, diventando un vero e proprio mito dell’arte contemoporanea. Dalla sua scuderia sono infatti passati i più grandi artisti del ventesimo secolo come Jackson Pollock, Willem de Kooning, Robert Rauschenberg, Jasper Johns, Frank Stella, Roy Lichtenstein, Andy Warhol, Robert Morris, Donald Judd, e Dan Flavin.

La lunga e mitica carriera di Castelli è ora documentata in una nuova biografia di Annie Cohen-Solal dal titolo Leo and His Circle. La pubblicazione offre buoni spunti per saperne di più sulla figura del grande dealer e vorremmo fornirvi qualche stralcio che ci sembra decisamente divertente.

Guerre Stellari è simile al mondo dell’arte contemporanea

Lo scorso Giovedì il Philoctetes Center di Manhattan ha inaugurato un bizzarro incontro di contemporanea incentrato su di un progetto dello scultore John Powers. L’evento dal titolo Star Wars and Modernism: An Artist Commentary è appunto una provocatoria ed originale iniziativa volta ad approcciarsi alla celebre pellicola Star Wars non solo come il più banale dei blockbusters americani ma anche come un interessante soggetto artistico dotato di una propria mitologia.

Secondo Powers, Star Wars è una metafora della guerra del Vietnam e le forze oscure del maligno Impero sono in realtà una raffigurazione dell’esercito americano. Oltre a tutti i raffronti metaforici offerti da Powers, l’artista ha ribadito l’aspetto estetico minimalista che si cela all’interno degli oggetti del film. Durante l’incontro/conferenza, Powers ha mostrato alcuni oggetti tratti dalle scene del film con accanto alcune opere d’arte minimalista e l’effetto è stato decisamente stupefacente.

Lynda Benglis, pubblicità pro-sesso


Tutto è cominciato da una fotografia che ritraeva una donna con un gigante fallo. Lei era Lynda Benglis, astro nascente 32enne nel firmamento della corrente post minimalista newyorkese dei primi anni ’70. Lo strumento in questione era un grande dildo di lattice che la signora Benglis teneva saldamente fra le sue gambe in quella famosa e chiacchierata fotografia a colori. Quando la fotografia apparse su di un’intera pagina dell’importante magazine Artforum nel 1974, l’opinione pubblica ed i benpensanti dell’epoca andarono su tutte le furie e molti furono scossi a tal punto da tacciare l’arte di Lynda Banglis di pornografia, una schifezza inaccettabile per un giornale d’arte contemporanea.

In realtà la pagina di Artforum fu pagata dall’art dealer di Lynda Banglis, la fotografia divenne quindi una sorta di scandalosa pubblicità che contibuì a creare una sorta di mitologia attorno all’allora giovane performer.
L’artista Barbara Wagner dichiarò che mostrare un fallo come segno freudiano di potere non rappresenta a pieno l’identità femminile ma ne enfatizza l’inferiorità. Rosalind Krauss direttrice di Artforum nel numero del mese seguente prese le distanze dalla sconcertante pubblicità, etichettandola come brutale.

23 feriti alla Tate Modern per una mostra di Robert Morris

Alla fine la Tate Modern ha reso pubblico il bilancio della mostra Bodyspacemotionthings di Robert Morris, evento di cui abbiamo ampiamente parlato e che si è tenuto lo scorso maggio ricalcando in tutto e per tutto la stessa mostra che nel 1971 fu costretta a chiudere i battenti a causa di opere interattive giudicate troppo pericolose per l’enorme massa di pubblico dell’epoca.

Dopo quasi 40 anni questo enorme e pericoloso parco giochi artistico non ha perso un minimo del suo potenziale di pericolosità, eppure gli organizzatori avevano assicurato di aver preso tutte le precauzioni del caso e di aver escluso un’opera giudicata non idonea per il pubblico. Alla fine le installazioni costituite da grossi scivoli, percorsi ad ostacoli corde ed altre ripide attrazioni artistiche hanno mietuto ben 23 vittime, ovviamente si tratta di feriti lievi con lesioni guaribili in una sola settimana.

Robert Morris e il parco giochi dell’arte

 Si è chiusa ieri al Tate modern quella che più di trenta anni fa fu definita la prima mostra totalmente interattiva. Si tratta di Bodyspacemotionthings, un grande parco giochi creato nel 1971 da Robert Morris dove le uniche installazioni artistiche erano delle gigantesche strutture di legno ed altri materiali grezzi dove il visitatore poteva rotolarsi, scivolare e salire proprio come in un parco per bambini.

All’epoca più di 1500 visitatori accorsero in massa all’apertura dell’evento formando una grande fila sin dalle due del pomeriggio. All’interno tutti erano totalmente impazziti di fronte ad una manifestazione senza precedenti in cui si poteva letteralmente entrare e giocare con un’opera d’arte, le persone agirono come bambini poiché erano incoraggiati a farlo dalla mostra stessa. Sin dal  primo giorno si registrarono feriti e contusi, una processione di ragazze appassionate d’arte in minigonna si ritrovò con decine di schegge di legno nelle gambe e tre giorni dopo la mostra fu definitivamente chiusa a causa di una rovinosa caduta da una delle installazioni.

L’Arte Povera in mostra alla Tate Modern di Londra

Si è aperta ieri un’interessante mostra alla Tate modern di Londra dedicata all’arte radicale degli anni ’60 ed in particolare alla seminale creatività dell’Arte Povera. La grande mostra è stata allestita negli spazi espositvi del livello 5 denominato Energy & Process dove 11 gallerie presenteranno lavori di Giovanni Anselmo, Lynda Benglis, Anselm Kiefer, Susumu Koshimizu, Ana Mendieta, Marisa Merz, Robert Morris e Michelangelo Pistoletto.

Il termine Arte Povera fu coniato dal critico d’arte  italiano Germano Celant per descrivere l’attività di artisti che usavano mezzi semplici per creare una poetica creativa basata sulla vita di tutti i giorni. L’arte povera era inoltre una reazione contro la potenza commerciale del mercato dell’arte mediante l’uso di materiali poveri e nuovi processi creativi, in sostanza si poteva creare arte con qualsiasi cosa da prodotti industriali a prodotti naturali, da sostanze immateriali ed esseri viventi fino al suono ed all’energia. Queste caratteristiche contribuirono all’immediata diffusione della corrente artistica in tutto il panorama internazionale.

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