L’arte, il vino e le noccioline

Attivare le coscienze, portare la realtà all’interno della pratica artistica ed abbattere le barriere delle consuetudini è stata una prerogativa di molti artisti dagli anni ’50 in poi. Dai primi vagiti della performance art con gli Happenings di Allan Kaprow, John Cage, Robert Rauschenberg e Merce Cunningham, passando per le feroci incursioni della Body Art e gli orgiastici riti di Hermann Nitsch ed i suoi colleghi dell’Azionismo Viennese, il fruitore è stato chiamato in prima persona a partecipare all’atto creativo, ricevendo in cambio violente emozioni tali da poter scuotere gli animi ed oltrepassare i tabù, il perbenismo e i dogmi religiosi oltre che l’anestetizzazione proposta dai mass media.

Quella dagli anni ’50 agli anni ‘90 è stata un’arte contemporanea caratterizzata da forti sperimentazioni, azioni estreme che hanno sovente messo a repentaglio la vita stessa di chi le aveva concepite. Ed anche nelle ardue prove esclusivamente concettuali gli artisti dell’epoca hanno comunque cercato di provocare una reazione, un interscambio di stimoli ed idee fuori dal banale.

Robert Rauschenberg è illegale?!?!

 I piccioni impagliati di Maurizio Cattelan, comparsi di recente alla scorsa Biennale di Venezia, rappresentano uno dei tanti esempi di opera d’arte con animale impagliato annesso che non ha mancato di generare numerose polemiche da parte degli animalisti e da molti difensori dei diritti del variegato universo faunesco.

Sebbene la trasformazione in opera d’arte di un cadavere, rappresenti un vero e proprio oltraggio alla dignità di un dato animale, va detto che in casi ben peggiori si è persino giunti alla tassidermizzazione di corpi umani per poi metterli in mostra senza rigor scientifico.

Il Guggenheim. L’avanguardia americana 1945–1980

Il Guggenheim. L’avanguardia americana 1945–1980 illustra gli snodi principali dello sviluppo dell’arte americana in un periodo di grandi trasformazioni nella storia degli Stati Uniti: un’epoca segnata da prosperità economica, rivolgimenti politici e conflitti internazionali, oltre che da progressi sostanziali in ambito culturale.

La mostra che inaugura il 7 febbraio a Palazzo delle Esposizioni di Roma prende le mosse dagli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale, quando gli Stati Uniti si affermarono come centro globale dell’arte moderna e l’ascesa dell’Espressionismo astratto iniziò ad attrarre l’attenzione internazionale su una cerchia di artisti attivi a New York. A partire da quel momento, nell’arte americana si assiste a una straordinaria proliferazione delle pratiche estetiche più diverse: dall’irriverente entusiasmo della Pop art per l’immaginario popolare fino alle meditazioni intellettualistiche sul significato dell’immagine che caratterizzano l’Arte concettuale negli anni sessanta; dall’estetica scarnificata del Minimalismo alle sgargianti iconografie del Fotorealismo negli anni settanta. Pur producendo opere profondamente diverse tra loro, tali movimenti furono accomunati da un impegno sostanziale ad indagare la natura intrinseca, il senso e le finalità dell’arte.

Bolsena, gli anni di Plinio De Martiis. Rentica, testimonianza di una generazione

La Galleria La Tartaruga di Plinio De Martiis, fondata a Roma nel 1954, fu un luogo determinante per il rinnovamento artistico del dopoguerra in Italia, rinnovamento che ebbe, tra metà anni Cinquanta e fine anni Sessanta, la sua punta più avanzata proprio a Roma. Fu a Roma che una comunità d’artisti, già attivi nei decenni precedenti, in singolari posizioni di dissidenza rispetto alle diverse correnti di pittura, si confrontò con straordinaria originalità con le generazioni più giovani e con il loro procedere in direzioni diverse e spesso divergenti. Questo confronto, anche conflittualmente dialettico, avvenne in buona parte proprio negli spazi della Galleria La Tartaruga.

Come ricorderà Stefano Malatesta “Non erano venuti a Roma a scrivere Tennessee Williams detto The Bird, Truman Capote e Gore Vidal? Non si era ritirato presso le monache di clausura del Colle Oppio il famoso filosofo George Santayana? Non si faceva dalle parti di Cinecittà il miglior cinema del mondo con registi i cui nomi incuriosivano all’estero perché finivano sempre in Rosellini, Fellini? E nelle gallerie non erano esposte opere per dire di De Kooning, Twombly tutti surrealisti vivi e morti, tutte le ultime novità da New York, Londra, Parigi”. Anni roventi, momenti imprescindibili che hanno poi conformato la nostra contemporaneità.

Back To Black, un ritorno al nero alla Fondazione Bevilacqua La Masa

Il 23, 24, 25 Giugno 2011 la Fondazione Bevilacqua La Masa presenta Back to black. La nerezza del nero, convegno IUAV a cura di Patrizia Magli e Angela Vettese. Il nero assoluto non esiste, scriveva Vincent van Gogh a suo fratello. Il nero, egli diceva, forma l’infinita varietà dei grigi, tra loro diversi per tono e per forza. In che modo, allora, distinguere la nerezza del nero secondo una scala di gradazioni all’interno di questa “infinita varietà dei grigi”? Perfino un grigio chiaro può apparire quasi nero o decisamente nero se accostato ad un bianco abbagliante. Nessun colore infatti vive in un regime di solitudine.

E tuttavia, anche se lo considerassimo in uno stato di isolamento ideale, come le monocromie radicali in pittura o gli esperimenti di laboratorio, il nero è un complesso di configurazioni variabili. L’esperienza del nero, del nero osservato nelle sue varie manifestazioni e supporti materici, lo configura come un processo, come un’ininterrotta oscillazione tra colore e incolore, tra il buio più impenetrabile, le tenebre, fino all’ombra e alla penombra, quest’ultime invece già creature della luce. Il nero inteso come processo di intensificazione e attenuazione, di scolorimento e trascoloramento, è un divenire attraverso gradualità di transizioni. Ma c’è di più. Come John Cage suggeriva, se i monocromi di Rauschenberg invitavano l’osservatore a fare l’esperienza del “vuoto” e del “silenzio”, il nero si dà non solo come conoscenza visiva, ma come teatro dove è possibile riconoscervi sequenze di fasi, di spazi, di momenti.

Una mostra tutta “Made in Italy” da Gagosian

In occasione dei 150 anni dall’Unità d’Italia, Gagosian Gallery il 27 maggio inaugura Made in Italy, un’importante mostra collettiva nel suo spazio romano di Via Francesco Crispi 16. Curata da Mario Codognato, la mostra intende tracciare un inedito percorso italiano attraverso l’opera di alcuni tra i maggiori artisti degli ultimi 60 anni: Georg Baselitz, Jean Michel Basquiat, Joseph Beuys, Marcel Duchamp, Alberto Giacometti, Douglas Gordon, Andreas Gursky, Damien Hirst, Howard Hodgkin, Mike Kelley, Jeff Koons, Louise Lawler, Roy Lichtenstein, Richard Prince, Robert Rauschenberg, Gerhard Richter, Richard Serra, Cindy Sherman, David Smith, Thomas Struth, Cy Twombly, Andy Warhol, Lawrence Weiner.

L’irresistibile attrazione esercitata dal “Bel Paese” nei confronti degli artisti del resto del mondo affonda le radici nel passato profondo e, com’é noto, conosce il momento di splendore a cavallo tra Settecento e Ottocento, all’epoca del cosiddetto Grand Tour, quando artisti-viaggiatori inglesi, americani, francesi e tedeschi varcano le Alpi per sperimentare da vicino la grande tradizione classica conosciuta solo sui libri, i capolavori di un passato idealizzato, ma anche il brivido provocato da uno stile di vita diverso e alternativo rispetto a quello che conoscono in patria.

Eli Broad e le prime immagini del suo nuovo museo a Los Angeles

Sembrava la barzelletta del secolo ed invece il nuovo museo di Eli Broad, tanto annunciato e mai svelato al pubblico, ha finalmente una location, un’architettura ed un archistar ben precisi. In questi ultimi giorni infatti Broad ha dato in pasto alla stampa di Los Angeles i rendering in 3D del progetto pensato da Diller Scofidio + Renfro, il team di architetti che sono riusciti a fare le scarpe a Rem Koolhaas nel corso della gara a “progetta tu il museo”.

Ebbene le linee del nuovo museo sono decisamente stravaganti, si tratta di un gigantesco rombo con disegno ad alveare che sarà perlopiù costituito da cemento. Ovviamente i tempi di sviluppo dell’intero progetto sono ancora molto lunghi ed anche i costi totali saranno un buon deterrente, si parla infatti di circa 130 milioni di dollari di spese.  Punto forte del museo sarà la lobby che permetterà una sorta di relazione visiva tra i pedoni all’interno ed i visitatori che arrivano in automobile.

Le mostre da non perdere durante le vacanze di Natale 2010


Andate in vacanza per le feste? eccovi dunque una selezione di mostre in giro per il mondo per tenere d’occhio l’arte anche durante i momenti di relax: Al MoMA di New York potete ammirare fino al 10 gennaio 2011 la Performance Stop, Repair, Prepare: Variations on Ode to Joy for a Prepared Piano (2008) del duo Allora & Calzadilla. I due hanno intagliato un buco nel centro di un grande piano da dove un pianista suonerà ( ogni giorno di apertura del museo  alle ore 11:30) la Nona sinfonia di Beethoven, mentre si muoverà assieme al pianoforte attorno allo spazio espositivo.

Per la sua nuova mostra alla Hyunday Gallery di Seoul, Thomas Struth ha catturato delle immagini da diverse città coreane, tra cui Pyongyang. L’artista focalizza la sua attenzione sul rapporto dinamico tra uomo e progresso tecnologico. La maggior parte delle immagini verte su cantieri edili e linee di produzione. In visione fino al prossimo 9 gennaio 2011.

Respiro, una mostra che indaga tematiche legate alla respirazione, all’apnea e all’immersione

Con la mostra RESPIRO, Zambon Group ripropone il dialogo sul tema della salute e dell’arte iniziato nel 1998 quando, in occasione del 50° anniversario dell’Organizzazione Mondiale della Salute, sostenne The Edge of Awareness, un’ampia mostra itinerante a cura di Adelina von Fürstenberg, organizzata da ART for The World, secondo tematiche legate alla salute fisica e mentale, e con grandi installazioni di oltre quaranta artisti internazionali, da Sol LeWitt a Nari Ward, da Robert Rauschenberg a Chen Zen.

Proponendosi come un itinerario di installazioni artistiche in diversi spazi della città di Vicenza – la sede della Fondazione Zoé a Palazzo Bissari, la Loggia del Capitaniato, il foyer del Teatro Comunale e lo Spazio Monotono – insieme a una selezione di billboards (cartelloni) della Collezione Zambon Group, la mostra che inaugura l’8 ottobre prevede video ed audio installazioni che sviluppano tematiche legate alla respirazione, all’apnea e all’immersione.

Robert Rauschenberg – Gluts

Il FAI – Fondo Ambiente Italiano, in collaborazione con la Fondazione Solomon R. Guggenheim di New York, la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia e il Robert Rauschenberg Estate di New York, rende omaggio a una delle più grandi forze creative dell’arte americana dagli anni ’50 con la mostra Robert Rauschenberg. Gluts nella prestigiosa sede di Villa e Collezione Panza a Varese dal 14 ottobre 2010 al 27 febbraio 2011.

L’esposizione, a cura di Susan Davidson, Senior Curator, Collections & Exhibitions, Museo Solomon R. Guggenheim, e David White, Curator, Robert Rauschenberg Estate, proporrà una selezione di oltre 40 opere provenienti da istituzioni e collezioni private internazionali che verranno esposte nelle Scuderie e nelle sale della Villa. Al ritorno da un tour internazionale che ha coinvolto importanti sedi quali il Guggenheim di Venezia, il museo Tinguely di Basilea e il Guggenheim di Bilbao, l’esposizione di Varese sarà arricchita da un nuovo nucleo di opere.

Un nuovo libro svela la “vita spericolata” di Leo Castelli

Leo Castelli ha gestito dagli ’50 fino alla fine degli anni ’90 la Leo Castelli Gallery al numero 420 di West Broadway, diventando un vero e proprio mito dell’arte contemoporanea. Dalla sua scuderia sono infatti passati i più grandi artisti del ventesimo secolo come Jackson Pollock, Willem de Kooning, Robert Rauschenberg, Jasper Johns, Frank Stella, Roy Lichtenstein, Andy Warhol, Robert Morris, Donald Judd, e Dan Flavin.

La lunga e mitica carriera di Castelli è ora documentata in una nuova biografia di Annie Cohen-Solal dal titolo Leo and His Circle. La pubblicazione offre buoni spunti per saperne di più sulla figura del grande dealer e vorremmo fornirvi qualche stralcio che ci sembra decisamente divertente.

Arte o non Arte? difficile capire la differenza

Durante i primi mesi di quest’anno Tino Sehgal aveva fatto svuotare il Guggenheim per proporre una delle sue performance impalpabili, frutto oggettivo di un’arte soggettiva ed immateriale. In quel frangente i visitatori erano stati avvicinati dai performers i quali li invitavano a discutere di varie tematiche, ovviamente i poveri malcapitati non avevano la benché minima idea di cosa stesse succedendo. Successivamente abbiamo avuto modo di assistere alle stravaganti peripezie di Terence Koh non ultima quella di adottare un tenero virgulto che molti pensano sia parte integrante di una sua nuova performance.

Inoltre apprendiamo da Exibart che la brava artista Tania Bruguera ha recentemente sovvertito le regole, sostituendo la sua performance al Madre di Napoli con una conferenza stampa ed aggiungendo in seguito che il cambio non faceva parte di un’azione artistica ma solo di una semplice conferenza. Ovviamente il pubblico confuso ha pensato ad una probabile performance a sorpresa della giovane artista.

UN film di Tacita Dean documenta l’ultima opera di Merce Cunningham

Nel 2008 il grande coreografo Merce Cunningham portò la sua troupe in una vecchia fabbrica di automobili abbandonata in California. L’intento era quello di girare un film, una pellicola diretta da Tacita Dean e sviluppata in tre giorni che lo sfortunato Merce non è riuscito a vedere. Il film doveva essere proiettato il 16 aprile dello scorso anno in occasione della premiere di Nearly Ninety, l’ultimo lavoro di Cunnungham alla Brooklyn Academy of Music. Ma il progetto era troppo grande ed alla Dean occorreva più tempo per realizzarlo, purtroppo la regista apprese il 26 luglio dello stesso anno che Cunningham era deceduto.

A dispetto della sua età e delle sue ossa ormai malandate che lo avevano costretto sulla sedia a rotelle il padre degli Happening e grande pioniere delle arti sperimentali, era ancora prolifico e stilava ancora molti progetti. Così tanto prolifico che la morte lo ha colto proprio una settimana prima dell’inaugurazione di un nuovo evento. Inutile sottolineare quanto Cunningham, John Cage e Robert Rauschenberg abbiano contribuito allo sviluppo dell’arte concettuale, della performance e di movimenti come Fluxus, allargando le loro influenze su centinaia di artisti, anche dei nostri giorni.

Con Giuseppe Panza di Biumo muore anche una parte di James Turrell

La morte di Giuseppe Panza di Biumo ad 87 anni ha letteralmente sconvolto il mondo dell’arte. Se ne va un vero conte, nobile a pieno titolo non solo per casata ma soprattutto per sensibilità, cultura e spiccata visionarietà artistica. Nel corso della sua lunga vita Panza di Biumo ha collezionato e promosso capolavori dei più grandi nomi del contemporaneo come Mark Rothko, Robert Rauschenberg, Roy Lichtenstein, con un occhio di riguardo verso le ricerche minimaliste di Robert Irwin, Doug Wheeler e James Turrell.

Nel 1984 inoltre il noto collezioniste assieme a sua moglie Giovanna, vendettero 80 opere di espressionismo astratto e pop al Moca, Museum of Contemporary Art di Los Angeles per 11 milioni di dollari, contribuendo a formare il cuore della collezione permanente dell’importante istituzione museale statunitense. Panza di Biumo fu da subito attratto da Los Angeles: ” Una città nuova, dove gli artisti creavano qualcosa di veramente differente” dichiarò nel 1994 ai microfoni del Los Angeles Times. 

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