Qualcuno ne ha contati 17, forse per avvicinarli idealmente ad un altro ventennio poco felice per la nostra storia. In realtà sono meno di 10 ma non è questo il punto nodale. Parliamo ovviamente del governo del presidente, di quel Silvio Berlusconi furioso che nel bel mezzo del passato week end ha lasciato la sua poltrona con tanto di addio televisivo.
La caduta dell’imperatore ha lasciato spazio a festini in piazza, trenini stile capodanno, esultanze da scudetto insperato. Il popolo festeggia così ed anche noi non possiamo che dirci contenti. Dopo la gioia incontrollabile segue però il momento della riflessione, l’analisi di ciò che questo “cambio epocale” (come lo definisce la Repubblica) può significare per il nostro paese. Berlusconi cade ma non cade il berlusconismo, un comportamento che nasce dal seno stesso dell’Italia degli anni ’80 e che non può essere sradicato con la caduta di un governo. Berlusconi ha creato il berlusconismo ma già da tempo questa potente arma gli era sfuggita di mano, innescando parabole incontrollabili all’interno della massa fino ai vertici dello Stato.