Da un recente sondaggio condotto dall’istituto di statistica britannico è emerso un dato allarmante. centinaia di dipinti, sculture ed altre opere sono vittime di danneggiamenti proprio quando dovrebbero essere nelle fidate mani dei più celebri e rinomati musei del Regno Unito. Alcune opere di Andy Warhol e Tracey Emin fanno parte della lista nera a cui si aggiungono anche diverse sculture barocche, dipinti antichi e altri reperti come le ossa di un dinosauro.
tate britain
C’era una volta – Pre-Raphaelites, Victorian Avant-Garde alla Tate Britain
C’era una volta l’Inghilterra. C’era una volta una regina che promulgava principi di progresso, stabilità e riforme sociali. C’era una volta il romanticismo e chi guardava al passato , agli ideali perduti ricercando quei valori che non si ravvisavano più nella società contemporanea. C’era una volta, in età vittoriana , la passione dell’Inghilterra per l’Italia. C’ era una volta chi addirittura identificava l’Italia come spazio immaginario dove dare libero sfogo alle proprie emozioni.
Gli inglesi trovano 45 milioni di sterline per la Tate Britain…e noi?
Qualche tempo fa la Tate Britain aveva dichiarato di essere alla disperata ricerca di 45 milioni di sterline per urgenti lavori di ristrutturazione. Tra i vari interventi richiesti dalla prestigiosa istituzione figuravano il rinnovamento della scalinata a spirale posta nell’atrio, l’edificazione di un nuovo cafè, di una nuova entrata per scolari ed il rinforzo della pavimentazione di alcuni spazi espositivi, in modo da poter ospitare imponenti sculture ed installazioni.
Dalle nostre parti questa cifra avrebbe spaventato non poco i vertici di qualunque museo, ve li immaginate i vertici della Pinacoteca di Brera alle prese con un restauro da 50 milioni di euro? Beh, la vecchia istituzione avrebbe certamente bisogno di un lifting ma una cifra che è quasi la metà di quella con cui è stato edificato il MAXXI di Roma è praticamente impossibile da racimolare nel nostro belpaese.
Mostre in giro per il mondo edizione Aprile/Maggio

Eccoci al nostro consueto appuntamento delle mostre in giro per il mondo, vediamo dunque cosa c’è da aspettarci da questa parte finale di Aprile e cosa ci riserverà Maggio. Se vi trovate in queste località per vacanza, lavoro e quanto altro, non perdete queste fantastiche mostre:
Alla Gladstone Gallery di New York avete tempo fino al 21 aprile per visitare The Spirit Level, affascinante mostra collettiva interdisciplinare curata dall’artista Ugo Rondinone. 19 gli artisti partecipanti tra cui svettano i nomi di Martin Boyce, Ann Craven e Sam Gilliam. Sempre a New York e sempre fino al 21 aprile non perdetevi la mostra di Jim Shaw alla Metro Pictures.
Short stories 9 – Becky Beasley – The Outside
CHI: Becky Beasley nasce 36 anni fa in Inghilterra, ha vissuto prima ad Anversa e adesso vive a lavora a St Leonards in Sea, amena località marina inglese, da questa particolare scelta ho liberamente dedotto che la ragazza ama la malinconia. Dopo aver studiato al Goldsmiths e al Royal College of Art ha iniziato la sua carriera artistica caratterizzata dalla commistione tra fotografia e scultura. Ha esposto in diverse realtà importanti, come la Galleria Civica di Modena, la Kunsthalle Basel o il Museu d’Art Contemporani de Barcelona. Il prossimo anno terrà una personale alla Tate Britain.
DOVE: Francesca Minini Contemporary Art – Milano
QUANDO: 16 novembre 2011 – 14 gennaio 2012
COSA: In mostra troviamo tre sculture verticali (Nolens Volens (u), (r), (i), e sei sculture appese intitolate (C.A.) (R.L.) (O.M.) (O.L.) (L.I.) (N.O.). Si tratta di semplici cornici di cedro in cui sono appese libere fotografie di pizzi bianchi, in questo modo nelle sculture in piedi se ne vede il retro in cui i plexiglass colorati donano sfumature tra il rosa e l’arancione, il colore dell’affetto. Le dimensioni delle cornici sono basate su alcune porte che Carlo Mollino (Torino, 6 maggio 1905 – Torino, 27 agosto 1973) aveva disegnato per la sua casa torinese, proprio dagli arredi di quella casa mai vissuta sono nate le fotografie e le opere di questa mostra che va ad inserirsi in una trilogia chiamata Late works che terminerà il prossimo anno.
Londra 2012, altro che Italia ’90
Londra come ben sapete ospiterà i giochi olimpici del 2012 ed è inutile negare che in questi giorni la city è in gran fermento per programmare una degna offerta culturale. Rispetto agli inglesi, noi italiani abbiamo sempre usato questi grandi eventi sportivi per lucrare e realizzare nuovi impianti, sia sportivi che civili, per poi abbandonali in tutta fretta, lasciandoli marcire indecorosamente. Basti pensare allo scandalo dei mondiali di calcio Italia ’90 ed agli ampliamenti dello stadio Meazza, al nuovo impianto San Nicola di Bari, le varie stazioni ferroviarie come il Terminal Ostiense a Roma è così via, tutte opere costate un occhio della testa e decisamente inutili, di mostre d’arte neanche a parlarne.
Gli inglesi invece pensano anche alla cultura, magari non saranno un popolo perfetto ma hanno compreso l’importanza ed il ritorno d’immagine ed economico che la cultura offre. Il Tate ad esempio partirà con una grande retrospettiva su Damien Hirst, controverso artista-fenomeno della generazione YBA. Ovviamente saranno presenti alla mostra pezzi forti come The Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living (lo squalo in formaldeide) e A Thousand Years (la testa di mucca putrescente).
I musei di tutto il mondo? li vedi su Google Art Project!
Ve ne sarete sicuramente accorti oggi passando per Google ma nel caso vi fosse sfuggita ci siamo noi qui a illustrarvi la nuova piattaforma offerta da uno dei più importanti colossi di internet. Google ha infatti lanciato il Google Art Project, un’importante joint venture con i più grandi e celebri musei del mondo.
All’interno di questo nuovo sito avrete l’opportunità di visitare prestigiose istituzioni come il Tate Britain di Londra, il Metropolitan Museum of Art di New York, gli Uffizi di Firenze, il Museo Reina Sofia di Madrid e tanto altro ancora. Il bello è che entrando virtualmente in ogni museo si ha la possibilità di esplorarlo a 360 gradi un poco come se si trattasse di uno Street view dell’arte.
I Vorticisti alla Peggy Guggenheim di Venezia
E’ stata inaugurata ieri per la prima volta in Italia una mostra interamente dedicata al Vorticismo, movimento che nacque in Inghilterra agli inizi del ‘900. Caratterizzato da uno stile figurativo astratto che coniugava forme dell’era meccanica con l’energia suggerita dal vortice, il Vorticismo emerse a Londra in un momento in cui la scena artistica inglese era stata scossa dall’avvento del Cubismo francese e del Futurismo italiano. Pur assimilando elementi da questi due movimenti, il Vorticismo definì un proprio stile, caratterizzandosi come un breve ma cruciale movimento modernista negli anni della Prima Guerra Mondiale (1914-1918).
La mostra presenterà circa 100 opere, che includono quadri, sculture, opere su carta, fotografie e stampe, di noti artisti come Percy Wyndham Lewis, Edward Wadsworth e Henri Gaudier-Brzeska. L’esposizione rappresenta il primo tentativo di ricreare le tre mostre vorticiste, allestite durante la prima guerra mondiale, che contribuirono a far conoscere a un pubblico anglo-americano l’estetica radicale di questo gruppo. La Collezione Peggy Guggenheim rappresenta la seconda tappa di questa mostra itinerante, inaugurata al Nasher Museum of Art, Duke University, Durham, NC (30 settembre 2010 – 2 gennaio, 2011) e che terminerà il proprio percorso al Tate Britain di Londra (14 giugno – 4 settembre, 2011).
Alla Tate Britain c’è l’albero di Natale (nudo) di Giorgio Sadotti
Come di consueto anche per questo Natale il tradizionale albero della Tate Britain è stato installato. Se ben ricorderete lo scorso anno fu Tacita Dean a decorare il celebre simbolo natalizio ed in quell’occasione fu creato un albero di quattro metri decorato unicamente con candele di cera fatte a mano in Germania. Per il Natale 2010 la palla è passata a Giorgio Sadotti, nato a Manchester e di stanza a Londra.
Cosa strana è che Sadotti in tempi non sospetti ha addobbato alberi di Natale a New York per sbarcare il lunario. L’installazione di Sadotti è però incredibilmente spoglia, l’albero è stato infatti lasciato così come natura l’ha fatto, eccezion fatta per alcuni sprazzi d’argento sul suolo. Secondo l’artista, l’albero (l’opera si intitola Flower Ssnake) è stato lasciato spoglio per tentare di mantenere intatto il suo aspetto selvaggio, la sua natura boschiva insomma.
Susan Philipsz vince il Turner tra mille polemiche, ma l’artista ha un cuore d’oro
Come da copione anche quest’anno non sono mancate le proteste al Turner Prize edizione 2010. Effettivamente anche la stampa inglese aveva precedentemente bollato la presente edizione come troppo noiosa ed ingessata ma a scagliarsi contro la manifestazione, che il prossimo anno lascerà Londra per trasferirsi a Newcastle, non sono solo i giornali. Ma andiamo per gradi, la vincitrice quest’anno è Susan Philipsz che ha presentato un’installazione sonora dove si può udire la sua voce che canta una ballata scozzese e si è così aggiudicata le 25.000 sterline del premio.
La nomina ha attirato le solite proteste del gruppo Stuckists, autori di caleidoscopiche creazioni di outsider art. Gli artisti, noti per il loro amore per le arti tradizionali, si sono schierati davanti alla Tate Britain accusando l’istituzione di foraggiare una tipologia di arte vuota ed inconcludente. Quest’anno però alle proteste degli Stuckists si è unita quella di 30 studenti che hanno deciso di opporsi in tal modo ai tagli alla cultura previsti dal governo britannico.
Rachel Whiteread, cambiare la scultura dall’esterno
Solitamente Rachel Whiteread è celebre per le sue sculture ed installazioni di grandi dimensioni ma nella mostra Drawings attualmente ospitata alla Tate Britain di Londra da oggi fino al 16 gennaio 2011, l’artista della generazione Young British Artists ha stupito il pubblico, presentando ad una vasta selezione di schizzi e disegni, una parafernalia di piccoli oggetti e sculturine. Stiamo parlando di singolari elementi quali mobili da casa di bambole, piccole gabbie per uccelli e calchi di vetro di quello che potrebbe sembrare un intestino umano.
C’è anche un calco del naso dell’attore Peter Sellers. Va detto che la maggior parte del corpus artistico di Rachel Whiteread è costituito proprio da calchi di comuni oggetti domestici, basti pensare alla celebre opera intitolata Ghost (1990), una riproduzione di un intero soggiorno della sua casa d’infanzia che l’ha resa una vera e propria figura di spicco all’interno del dorato mondo dell’arte contemporanea.
Jake e Dinos Chapman al Museo Pino Pascali
Al Museo Pino Pascali a Polignano, la prima mostra personale in assoluto in Italia in uno spazio istituzionale dei Chapman Brothers vincitori del Premio Pino Pascali 2010. Gli artisti esporranno opere storiche degli anni ’90: le famosissime e inquietanti sculture delle bambine-siamesi della serie ‘Mannequins’. I due creeranno un ambiente site-specific di forte impatto emotivo. In mostra ci saranno anche le ultime sculture ‘africane’ del ciclo ‘Shamanov Sculptures’ ed altre in bronzo.
I fratelli Chapman, Jake (1966) e Dinos (1962), appartengono alla Young British Art: la generazione di artisti inglesi lanciata a livello planetario con la celebre mostra SENSATION del 1997 alla Royal Academy of Arts di Londra. Dopo quell’evento il loro successo è stato inarrestabile. Si sono susseguite mostre nei principali musei del mondo, dalla Tate Britain di Londra al PS1 di New York e partecipazioni alle Biennali di Venezia, Sidney ecc. In Italia, la loro installazione Fucking Hell (2008) è esposta al Palazzo Grassi di Venezia nella collezione di Francois Pinault.
Chris Ofili, l’artista che ha combattuto il successo
Qualche anno dopo aver vinto il Turner Prize edizione 1998, Chris Ofili era in un negozio di Londra per comprare una grande quantità di colori. Una volta giunto alla cassa uno studente in fila dietro di lui gli chiese: “Ma tu sei Chris Ofili? alla scuola d’arte tutti dicono che hai smesso di dipingere“.
Ofili fu deliziato da quella domanda, così sorrise e disse: “Torna dai tuoi amici e digli che ho definitivamente smesso di dipingere, ma non dirgli che mi hai visto comprare tutti questi colori, altrimenti non ti crederanno”.
Chris Ofili, oggi 41enne, ha sempre combattuto contro il successo che per lui, a differenza di tutti gli altri artisti emergenti del mondo, è giunto sin da subito. Prima di compiere 30 anni l’artista aveva già esposto in 3 continenti con mostre personali a Londra, New York e Berlino. Ofili faceva inoltre parte degli Young British Artists di Charles Saatchi ed aveva vinto, come già detto il Turner Prize. Infine l’artista aveva partecipato alla 50esima Biennale di Venezia, occupando in pompa magna il padiglione britannico.
Andy Holden rimette al suo posto la piramide di Giza
La Tate Britain ospita attualmente una mostra del giovane artista britannico Andy Holden, l’evento rimarrà in visione fino al prossimo 10 aprile. Fin qui nulla di strano ma la singolare notizia arriva proprio da una dichiarazione di Holden che ha rivelato di aver rubato un pezzo di una piramide egiziana.
Il misfatto è stato compiuto in un viaggio di piacere, l’artista a 12 anni accompagnò il padre in Egitto. I due visitarono la piramide di Giza, una delle sette meraviglie del mondo antico ancora in piedi e relativamente intatta oltre che la più grande piramide del mondo. “Non appena giunti in prossimità della piramide ho rotto un pezzo di pietra da un lato della piramide” ha dichiarato Holden “Quando sono tornato a casa ho piazzato il pezzo di piramide su di uno scaffale della mia cameretta vicino alla collezione di souvenirs che avevo da bambino. Quando i miei genitori se ne accorsero andarono su tutte le furie e l’oggetto in questione divenne appunto l’oggetto della colpa”.