Alla Tate Britain c’è l’albero di Natale (nudo) di Giorgio Sadotti

Come di consueto anche per questo Natale il tradizionale albero della Tate Britain è stato installato. Se ben ricorderete lo scorso anno fu Tacita Dean a decorare il celebre simbolo natalizio ed in quell’occasione fu creato un albero di quattro metri decorato unicamente con candele di cera fatte a mano in Germania. Per il Natale 2010 la palla è passata a Giorgio Sadotti, nato a Manchester e di stanza a Londra.

Cosa strana è che Sadotti in tempi non sospetti ha addobbato alberi di Natale a New York per sbarcare il lunario. L’installazione di Sadotti è però incredibilmente spoglia, l’albero è stato infatti lasciato così come natura l’ha fatto, eccezion fatta per alcuni sprazzi d’argento sul suolo.  Secondo l’artista, l’albero (l’opera si intitola Flower Ssnake) è stato lasciato spoglio per tentare di mantenere intatto il suo aspetto selvaggio, la sua natura boschiva insomma.

Tracey Emin non partecipa ad una mostra contro la droga…per problemi di droga

Torniamo oggi a parlare di Tracey Emin, la peperina della Young British Artists generation aveva deciso di sospendere per un poco le sue azioni provocatorie per gettarsi a capofitto nell’impegno sociale. Assieme a Paula Rego, Maggi Hambling, Gordon Cheung, Humphrey Ocean e ad altri 200 personaggi, la celebre artista inglese doveva infatti partecipare alla mostra 400 Women, evento in memoria delle migliaia di donne messicane morte o svanite nella città di Juarez.

L’evento si è aperto il 12 novembre alla Shoreditch Town Hall di Londra e rimarrà in visione fino al prossimo 28 novembre. Tutto scorre direte voi, ed invece ecco il fattaccio. Il problema è che per “questioni personali” poco chiare, Tracey Emin ha deciso di ritirarsi dalla mostra a pochi giorni dall’inaugurazione, gettando gli organizzatori in un profondo imbarazzo e costringendo i giornali ed i magazine d’arte a ricorrere ad errata corrige dell’ultima ora.

Chi decide cosa è arte e cosa non lo è?

Dieci anni fa alcuni ricercatori americani divisero in due gruppi alcuni bambini di 3 anni. Gli studiosi mostrarono ai giovani pargoli una tela su cui era stata lasciata cadere un’enorme macchia di pittura. Ad un gruppo di bimbi i ricercatori dissero che la macchia era stata provocata da un vasetto di pittura caduta accidentalmente sulla tela. I piccolini si disinteressarono totalmente al dipinto e tornarono ad altre attività. Al secondo gruppo di bambini fu invece detto che quella macchia di colore era stata accuratamente creata per loro. I bambini si interessarono alla tela e cominciarono ad apostrofarla come “il dipinto”.

Per farla breve il secondo gruppo è stato condizionato dal giudizio di un adulto, una persona fidata e competente quindi. Questo esperimento condotto da Paul Bloom e Susan Gelman, dell’università di Yale è oggi il fulcro di un nuovo libro che si interroga sul nostro modo di relazionarci all’arte contemporanea. La pubblicazione dal titolo How Pleasure Works (come funziona il piacere), da poco uscita negli States, asserisce che il puro giudizio estetico non esiste.

Saatchi si ritira e dona la sua Gallery alla città di Londra

Charles Saatchi ne ha combinata un’altra delle sue ma stavolta a fin di bene. Il celebre mercante d’arte, nonché vero e proprio motore della Young British Artists, ha infatti incredibilmente deciso ritirarsi dalle scene di donare al Regno di Inghilterra la sua Saatchi Gallery di Londra. Quindi prossimamente la celebre galleria diventerà Il London Museum Of Contemporary Art, unendosi così ad altri prestigiosi musei del contemporaneo sparsi per il mondo. Sicuramente i cittadini britannici saranno contenti di questa scelta e l’edificio di per sé è un bellissimo spazio dedicato all’arte che ogni hanno riesce a raggiungere un vasto bacino di visitatori.

Ovviamente in tutto questo rotear di baci ed abbracci, sorge una questione assai spigolosa. Il problema è grosso modo lo stesso che abbiamo noi in Italia (e che Globartmag ha sollevato mesi fa parlando del Maxxi) e sarebbe a dire la collezione permanente del museo. In tutti questi anni la Saatchi Gallery, nella speranza di scoprire nuovi e scintillanti talenti, ha organizzato un’enorme quantità di mostre con molte buone opere ed un mare di manifestazioni creative decisamente mediocri, mettendo in luce una linea espositiva incoerente e frammentata.

Damien Hirst e la sua nuova galleria d’arte contemporanea

Era da un bel pezzo che non ne parlavamo ma il nostro sempreverde Damien Hirst nel frattempo non è stato certo con le mani in mano. Alcune voci, tra cui il celebre portale This Is London, hanno confermato una notizia che girava da tempo nell’ambiente artistico. Il folletto della YBA ha infatti deciso di aprire una sua galleria d’arte in Hyde Park a Londra. Hirst e l’architetto Mike Rundell hanno già pronto un progetto che prevede il restauro di un vecchio deposito di munizioni che sarà tramutato in un affascinante tempio dell’arte contemporanea.

Sembrerebbe inoltre che Hirst abbia già pronta una lista di artisti da esporre nel suo nuovo spazio. Tra i nomi figurerebbero quelli di Francis Bacon, Andy Warhol, Jeff Koons e Alberto Giacometti. Hirst avrebbe anche intenzione di esporre opere di Tracey Emin (sua grandissima amica nonchè collega ai tempi della YBA) e Sarah Lucas. L’artista ha progettato dei nuovi lavori da mostrare al pubblico ma è quasi sicuro che il pezzo forte della galleria sarà il celeberrimo teschio tempestato di diamanti che sarà visibile solo previo pagamento di un biglietto di ingresso.

Opere di Banksy,Tracey Emin e Marc Quinn a meno di 50 euro? con il kit potete farvele da soli!

Alzi la mano chi di voi, guardando un’opera d’arte contemporanea esposta in qualsivoglia museo o galleria, non ha mai pronunciato la fatidica frase: “Certo, quest’opera potevo farla anche io“. Ovviamente dopo Marcel Duchamp e dopo l’invasione di Minimalismo ed Arte Concettuale, il divario tra oggetto d’arte ed oggetto comune si è notevolmente assottigliato. In più va detto che molte opere d’arte contemporanea vengono create utilizzando materiali facilmente reperibili e nella maggior parte dei casi non serve nemmeno una determinata abilità o tecnica.

Ebbene, forte di ciò il fantasioso progetto iArtist London, ha deciso di abbattere in maniera definitiva il divario tra arte e pubblico, concedendo a tutti la possibilità di creare un oggetto d’arte. A dirla tutto non si tratta di creare un’opera dal nulla ma di riprodurre alcune fra le più celebri opere della scena del contemporaneo. In pratica il cliente sceglie quale opera riprodurre e compra un vero e proprio kit di montaggio con spiegazioni incluse, il tutto per poche sterline. Con un teschio di plastica, alcuni brillantini ed un poco di colla è possibile mettersi in casa Love of God, il celebre teschio diamantato di Damien Hirst.

La stampa contro Charles Saatchi e la sua nuova mostra

 Fioccano le critiche per l’ultima mostra organizzata da Charles Saatchi nella suo quartier generale di Londra. Come precedentemente accennato in un nostro articolo, il magnate ha tentato di bissare il successo della generazione Young British Artists, manipolo di artisti assemblati a mestiere negli anni ’90 per raggiungere le vette dell’arte. In quegli anni Tracey Emin, Steve McQueen, Tacita Dean, Liam Gillick, Damien Hirst e CHris Ofili, assieme a tante altre stars del contemporaneo hanno raggiunto quotazioni incredibili, catapultando Saatchi nel gotha del mercato dell’arte.

Oggi, dopo la crisi finanziaria, la fine della bolla speculativa dell’arte e l’avvento delle nuove generazioni artistiche, l’impresa del ricco mercante sembra decisamente ardua e come da copione la mostra dal titolo orwelliano Newspeak: British Art Now (in visione appunto alla Saatchi Gallery dal 30 maggio al 17 ottobre) ha mancato rovinosamente il bersaglio.  Il prestigioso quotidiano inglese The Guardian ha definito l’evento come un confuso assortimento di opere “alle volte buone, spesso cattive e per la maggior parte anonime”. Il quotidiano si è inoltre scagliato contro il catalogo della mostra apostrofandolo come “orrido ed incomprensibile”.

Ricordando Luoise Bourgeois

Ora che la grande Louise Bourgeois ci ha lasciato saranno in molti a piangere la sua scomparsa. La triste notizia ha fatto in questi giorni il giro del mondo catalizzando l’attenzione di tutti i media del globo, la grande dama dell’arte contemporanea internazionale si è spenta a New York a causa di un attacco cardiaco all’età di 98 anni. Il mondo dell’arte perde dunque uno dei suoi più importanti e poetici protagonisti, un’artista che ha rappresentato un legame diretto con il cubismo, il simbolismo, il surrealismo, l’arte astratta e tutto quello che è accaduto nei decenni a seguire.

Nata a Parigi nel giorno di natale del 1911, sin da bambina Louise Bourgeois ebbe uno spiccato talento per la matematica ed nel corso dell’adolescenza svolse diverse mansioni nel laboratorio di riparazione e vendita di tappezzerie antiche dei genitori. Nel 1938 l’artista si trasferì a New York , dando inizio ad una carriera artistica dagli sviluppi lentissimi. Il successo critico e commerciale arrivò solo negli anni ’70 qunado l’artista era oltre i 60 anni d’età. Nel 1982 il Moma gli dedicò una storica retrospettiva e nello stesso anno Robert Mapplethorpe scattò alcune celebri fotografie che la ritraevano con una scultura di lattice rassomigliante ad un gigantesco fallo. Quella foto, misteriosa, bizzarra ed affascinante, rimase nella storia.

Saatchi alla riscossa ma la YBA generation è irripetibile

E’ un collezionista, un art dealer ma soprattutto è stato il creatore di una nuova generazione artistica. Stiamo ovviamente parlando di Charles Saatchi, mogul dell’arte contemporanea che negli anni ’90 ha creato dal nulla la generazione degli Young British Artists, portando in auge nomi come Tracey Emin, Damien Hirst, Steve McQueen, Chris Ofili, Marc Quinn, Jenny Saville, Georgina Starr e Sam Taylor-Wood, tanto per citarne alcuni ma la lista sarebbe ancora lunga. Prima di allora, salvo sporadici sprazzi (anche se fondamentali) come l’Independent Group precursore della Pop Art, il Regno Unito non vantava certo molti primati all’interno della scena dell’arte contemporanea.

Insomma il vecchio Saatchi ha trasformato la sua nazione in un polo artistico capace di catalizzare l’interno mercato mondiale. Sono però passati 13 anni dalla celebre mostra Sensation e da quella stagione di gloria che si  è comunque protratta nel tempo ed oggi i protagonisti della YBA sono artisti maturi ed affermati che hanno intrapreso le loro strade. Saatchi ha continuato la sua attività di scouting e scopritore di talenti, aprendo anche un sito web, organizzando concorsi e persino talent show. A distanza di tutti questi anni il magnate ha quindi tentato di bissare il successo della stagione d’oro ma con alterne fortune.

Regali ai musei? Non sempre, grazie!

Ai direttori e curatori dei musei piace molto parlare di donazioni ed opere regalate da fondazioni e ricchi benefattori. Una statua di Jeff Koons, un video di Matthew Barney, una foto di Erwin Olaf o magari una bella installazione di Tracey Emin e sono tutti più contenti. L’artista sorride perché guadagna qualche quotazione in più grazie al piazzamento delle sue opere in un luogo istituzionale, il museo è invece ancor più gaio poiché accresce la sua già ben fornita collezione.

Eppure non tutte le donazioni sono ben accette ed anzi, il curatore o il direttore del museo deve a volte rispondere allo sgradito regalo con un bel “no, grazie”. La maggior parte delle istituzioni museali acquisisce il 90% delle loro collezioni sotto forma di donazioni ma non sono disposte ad accogliere tutto: a volte le opere non sono in linea con il museo, a volte sono in brutte condizioni o di pessima qualità, altre ancora le opere sono dei semplici duplicati di altre già presenti in collezione.

Le scarpe di Liam Gillick e Tracey Emin al centro commerciale

Liam Gillick ha intenzione di continuare a stupire pubblico e critica con le sue mirabolanti avventure. Dopo essere stato uno dei primi artisti  della generazione Young British Artists negli anni ’90, Gillick ha esposto in mezzo mondo fino ad arrivare alla sua discussa installazione per il padiglione tedesco alla scorsa Biennale di Venezia. Oggi però Gillick ha deciso di portare la sua creatività nel mondo della moda.

L’artista ha infatti avviato una collaborazione con la celebre firma di Monaco Clemens En August ed ha in seguito disegnato un paio di stranissime scarpe chiamate Left shoe!!! Right shoe!!!. In Pratica Gillick ha praticato dei semplici fori su delle scarpe di pelle nera. Il progetto trae ispirazione da un testo dal titolo Discussion Island/Big Conference Centre che Gillick aveva scritto nel lontano 1997.

Tracey Emin, Yayoi Kusama, Damien Hirst e l’arte degli scacchi

ProjectB di Milano porta per la prima volta in Italia, in occasione della 49ma edizione de I Saloni, il Salone Internazionale del Mobile 2010, The Art of Chess, in collaborazione con RS&A che ha commissionato le scacchiere ad alcuni degli artisti più amati e discussi del panorama contemporaneo internazionale, già esposte nel 2009 al museo di arte contemporanea di Reykjavik. L’interesse delle avanguardie verso gli scacchi fu di centrale importanza per lo sviluppo delle scacchiere d’artista nella prima metà del XX secolo. Da Marcel Duchamp a Man Ray, Max Ernst, Alexander Calder, André Breton e Isamu Noguchi sono stati tutti appassionati giocatori.

La prima volta che una collezione di artisti di questo calibro si sono trovati a celebrare il gioco degli scacchi è stato a New York nel 1944 per la mostra L’immagine degli scacchi presso la Julien Levy Gallery. In mostra a Milano sette scacchiere – a dimensioni reali – dove base, pedine re e regine sono state reinventate da sette artisti: Tracey Emin, Tom Friedman, Damien Hirst, Barbara Kruger, Yayoi Kusama, Alastair Mackie, Rachel Whiteread.

Arte vicina alla moda o moda vicina all’arte?

 La Fashion Week di New York ha messo in evidenza l’avvicinamento della moda al mondo dell’arte contemporanea. Del resto nel passato il corteggiamento era stato piuttosto deciso, basti pensare a nomi come Richard Prince, Tracey Emin, Damien Hirst (che ha persino realizzato una linea t-shirts e pantaloni), Takashi Murakami (quest’ultimo ufficialmente brandizzato da Louis Vuitton) i quali hanno più volte prestato la loro arte e la loro faccia al fashion world.

Negli ultimi  tempi però il legame è divenuto ancor più forte ed un sempre crescente numero di artisti si presta a campagne pubblicitarie, passerelle e quanto altro, senza contare chi ha fatto della moda una vera e propria tecnica artistica. Il mese scorso Adam Kimmel aveva assoldato George Condo per il look della sua presentazione alla Yvon Lambert Gallery. Un aiuto artistico è servito anche a Levi’s che si è avvalsa del fotografo Ryan McGinley . Il fashion designer Brian Reyes ha invece chiesto all’artista ucraina Oksana Mas di creare alcune stampe con elementi arborei per la sua collezione autunno-inverno 2010.

Mat Collishaw, Tracey Emin e Paula Rego una famiglia in un orfanotrofio

 Tris d’assi al Foundling Museum di Londra che fino al 9 maggio ospiterà una mostra di tutto rispetto con Mat Collishaw, Tracey Emin e Paula Rego. Le opere degli artisti sono ospitate proprio dove nel 18esimo secolo sorgeva il Foundling Hospital, associazione misericordiosa fondata da Thomas Coram che un tempo aiutava i bambini abbandonati e gli orfani.Coram aveva cercato in qualche modo di creare una sorta di famiglia allargata per i suoi piccoli ospiti e la cosa più insolita di questo evento artistico è che i tre artisti sono in qualche modo legati fra loro come una sorta di famiglia sui generis.

Paula Rego ad esempio è stata l’insegnante di Tracey Emin per qualche tempo e sicuramente ha fornito molti spunti al lavoro selvaggio e rabbioso di quest’ultima. Tracey Emin da par suo è stata fidanzata per 6 lunghi e tormentati anni con Collishaw ai tempi della Young British Artists, in un unione che l’ha lasciata senza figli a quaranta anni suonati. I fantasmi di queste storie personali del passato sembrano infestare le stanze dove le opere sono esposte, Tracey Emin ha infatti messo in mostra alcuni disegni fatti durante la sua gravidanza del 1991 che finì poi con un aborto. Nelle sue opere mani ignote afferrano il feto di un bambino mai nato.

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