Robert Ryman e le dissolvenze in bianco

Per oltre 50 anni Robert Ryman (oggi splendido 70enne) ha indagato la natura della pittura come mezzo di espressione artistica, in particolare egli ha posto la sua attenzione sulle relazioni tra la superficie dipinta ed il supporto sottostante. I risultati di queste sperimentazioni hanno condotto il grande artista a risultati incredibilmente e sorprendentemente diversi, come è possibile ammirare alla presente mostra dedicata al grande pittore, attualmente in visione al museo Dia:Beacon, situato vicino al fiume Hudson a New York e diretto dalla Dia Art foundation.

Ovviamente la celebre istituzione offre molte altre meraviglie in collezione permanente, opere di grandi nomi del contemporaneo come Joseph Beuys, Walter De Maria, Dan Flavin, Donald Judd, Cy Twombly, Andy Warhol, Louise Bourgeois e On Kawara, ma l’evento dedicato a Ryman non è certo cosa da poco.

Mariko Mori progetta un vero e proprio monumento solare tecnologico

Ne ha fatta di strada la Land Art da quel lontano 1969 quando Gerry Schum decise di comprarsi un (allora appena concepito) apparecchio per la videoregistrazione e di proiettare negli spazi della sua galleria un video intitolato appunto Land Art che presentava immagini di alcune opere prodotte da artisti come Richard Long, Barry Flanagan, Robert Smithson, Dennis Oppenheim e Walter De Maria.

Tali maestri indiscussi di questa nuova forma d’arte agivano direttamente sul paesaggio, modificandone l’aspetto mediante interventi temporanei e facendo uso di materiali naturali. Dalla gigantesca banchina Spiral Jetty di Robert Smithson, installata sul Great Salt Lake (1970) nello Utah e costituita da materiali naturali come cristalli di sale e terra, passando per il Lightning Field (1977) di Walter de Maria ed i suoi 400 pali installati nel terreno per raccogliere la potenza dei fulmini sino a giungere al recente impacchettamento del Central Park di New York ad opera di Christo e Jeanne Claude, la Land art ha subito numerose trasformazioni, abbracciando nuove tendenze e presentando nuovi protagonisti.

Naoshima, l’isola dell’arte contemporanea

 Un’immensa zucca a pois neri creata dall’artista Yayoi Kusama accoglierà curiosi, appassionati d’arte, semplici turisti e pescatori che si troveranno a sbarcare su Naoshima una piccola isola del mare interno di Seto. L’isola è talmente minuscola che la sua superficie è di appena 8 chilometri quadrati, un poco più grande dell’isola di Port-Cro nel mediterraneo. Ma Naoshima non è un isolotto qualunque perchè il miliardario giapponese Soichiro Fukutake ha intenzione di trasformarla nell’isola degli artisti. Fukutake è proprietario di un grande gruppo di scuole a distanza (tipo Berlitz), il magnate di 63 anni è il quarto uomo più ricco del Giappone e da più di venti anni continua realizzare il sogno nel cassetto, trasformare l’isola in un grande paradiso per l’arte contemporanea.

Si tratta di una vera è propria sfida poichè l’isola è stata per anni una sorta di deposito per lo stoccaggio di rifiuti industriali e per questo vietata al pubblico, inoltre sono in molti ad averla apostrofata come la pattumiera del Giappone. Naoshima ospita già il Chichu Art Museum, un’istituzione museale per l’arte contemporanea costruita interamente in cemento dal celebre architetto Tadao Ando.

Crop cirles o Land art? in Giappone intanto…

Avete mai sentito parlare dei crop circles? si tratta di cerchi ed altri segni geometrici formati dallo schiacciamento uniforme delle piante solitamente presenti sui campi di grano. Le composizioni formate da questo elaborato procedimento sono solitamente visibili solo dall’alto e la loro perfezione rasenta l’impossibile. A partire dalla fine degli anni ’70 i crop circles sono divenuti una tematica controversa che ha affascinato migliaia di persone in tutto il mondo. La loro analisi ha generato la più disparate teorie e sono in molti a credere che i cerchi nel grano siano in realtà i segni lasciati dall’atterraggio di chissà quali forme di navicelle aliene.

C’è anche chi sostiene che i pittogrammi incisi sui campi di grano contengano messaggi codificati trasmessi in forma grafica da chissà qualche forma di coscienza superiore a cui saremmo interiormente e geneticamente connessi. Marziani o non marziani i cerchi nel grano rappresentano a loro modo una forma di Land art che molto spesso viene misconosciuta dalla scena dell’arte forse anche a causa della loro natura anonima troppo votata all’occultismo ed al mistero. I crop circles non sono però molto lontani da opere simbolo della Land art istituzionalizzata come Spiral Jetty di Robert Smithson o altre opere di Walter De Maria o meglio ancora dagli ultimi lavori del sudafricano Strijdom van der Merwe

Nuovo progetto per Christo e Jeanne Claude, ma non tutti ne sono contenti

Christo e Jeanne Claude sono sempre in movimento, le progettazioni delle loro monumentali installazioni site specific richiedono molti anni di preparazione ed implicano un’alta percentuale di rischio a danno di cose o persone, problemi che vengono vagliati dalla coppia attraverso lunghe concertazioni con gli enti locali.

Come molti di voi ben sapranno Christo e Jeanne Claude sono famosi per l’utilizzo di tessuto colorato, usato per imballare paesaggi, monumenti e luoghi, i due artisti sono infatti tra i precursori della Land Art assieme a  Richard Long, Barry Flanagan, Robert Smithson, Dennis Oppenheim e Walter De Maria.

Tra le opere più famose del dinamico duo possiamo citare Valley Curtain (1970-1972) costituito  da un telo lungo 400 metri steso lungo una valle delle Montagne Rocciose in Colorado, Surrounded Islands (1980-1983) costituito da una cintura di polipropilene fucsia stesa attorno alle isole della baia di Biscayne a Miami e The Gates (2004-2005), un percorso di 37 kilometri attraverso il Central Park di New York, costituito da materiale arancione intervallato da 7 503 portici, alti circa cinque metri e disposti a quattro metri di distanza tra loro.

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