Hirst copia Willy Wonka e lancia la Spot Challenge

Come ormai tutti sanno il genietto della YBA, MR. Damien Hirst ha già acceso i motori per il suo faraonico progetto dal titolo Damien Hirst: The Complete Spot Paintings, 1986-2011. Si tratta di una mostra iperplanetaria che si aprirà il 12 gennaio in tutte le sedi della Gagosian Gallery sparse per il mondo, un evento in contemporanea senza precedenti che fin dalle prime anticipazioni non ha mancato di generare grandi polemiche ma anche grande curiosità.

Due sedi a Londra, tre a New York, e una rispettivamente a Parigi, Roma, Hong Kong, Atene, Ginevra e Beverly Hills, il supermarket dell’arte contemporanea si riempirà dei mitici Spot Paintings, i quadrucci con i puntini colorati che Hirst delega ai suoi assistenti perché troppo noiosi da realizzare, quelli che hanno mandato su tutte le furie anche un vecchio e navigato volpone come David Hockey, accanito sostenitore dell’intervento manuale dell’artista all’interno della pratica creativa. Ci chiediamo se il buon Hockey sia già venuto a conoscenza dei piani di Hirst per ravvivare la già scoppiettante pluripersonale e nel caso ancora non fosse istruito sulle prossime mosse del folletto, eccoci pronti ad informarlo.

Tracey Emin docente alla Royal Academy, si accendono le polemiche

Era da un bel pezzo che non si sentiva parlare di Tracey Emin ma noi eravamo certi che la peperina della Young British Artists generation stava preparando qualcosa di mefistofelico, come al suo solito. Recentemente vi avevamo narrato della protesta sollevata dai Chapman Brothers che avevano duramente criticato la nostra peperina.

Nocciolo della questione erano i presunti rapporti di amicizia tra l’artista e le istituzioni inglesi, culminate con l’installazione di un’opera neon proprio all’interno del fatidico numero 10 di Downing Street. Evidentemente i fratelloni Chapman non avevano poi tutti i torti, qualche relazione privilegiata tra Tracey Emin ed i vertici del governo inglese deve pur esserci. Ebbene, dopo aver creato un poster alquanto discutibile per le prossime olimpiadi di Londra 2012, la peperina Tracey ha ricevuto l’ennesimo incarico istituzionale.

“Ma lei espone anche in altri posti?”, gaffe della Regina Elisabetta con Tracey Emin

Solitamente è Filippo di Edimburgo ad essere esperto di gaffe e clamorosi sbagli, basti citare le sue più clamorose sparate come «Ma lei è una donna, vero?» ad una donna del Kenya intenta ad offrirgli un omaggio, “le donne inglesi non sanno cucinare” e «Siete riusciti a non farvi mangiare?» riferito ad un gruppo di studenti che tornavano da una vacanza di trekking in Papua Nuova Guinea. Oggi però abbiamo scoperto che le gaffes sono contagiose ed anche la coriacea Regina Elisabetta non è riuscita ad evitare questa feroce malattia.

Per la prima grande gaffe la Regina ha scelto Tracey Emin e dobbiamo dire che le andata bene visto che la peperina della YBA non si scandalizza di fronte a nulla. Tutto è successo a Margate, città natale di Tracey Emin, dove è stato recentemente costruito il museo Turner Contemporary, un’architettura da 17 milioni di sterline pensata proprio per dare un poco di lustro ad una cittadina non proprio esaltante. Lo spazio, disegnato dall’archistar David Chipperfield, si trova proprio a ridosso del mare ed è stato inaugurato lo scorso aprile proprio da Tracey Emin con una mostra che fino ad oggi è stata visitata da più di 300.000 persone.

British Art Show 7, la noia è servita

Matthew Darbyshire

Dal momento della sua nascita nel 1979 il British Art Show, anche noto come BAS, ha contribuito all’escalation della Union Jack, contribuendo inoltre a lanciare in tutto il mondo il fenomeno della generazione Young British Artists (YBA). Va detto infatti che questa piattaforma quinquennale ed itinerante (la mostra infatti va in tour nelle più importanti città del Regno Unito) nata con l’obiettivo di scoprire i nuovi talenti dell’arte contemporanea britannica, ha presentato al grande pubblico, nel 1984,  gente come Paula Rego, Barry Flanagan, Tony Cragg, Antony Gormley.

L ‘edizione del 1990 è stata invece impreziosita dalla presenza di nomi quali Rachel Witheread, Fiona Rae, Mona Hatoum, Julian Opie e Gary Hume. E questo è niente in confronto alla storica edizione del 1995 con i talenti YBA del calibro di Sam Taylor-Wood, Damien Hirst, Douglas Gordon, Chris Ofili e Tacita Dean.  Insomma non è peccato affermare che il BAS ha letteralmente scritto un capitolo dell’arte contemporanea internazionale.

L’effetto Saatchi

Gli artisti contemporanei inglesi sono ormai talmente quotati nel mercato dell’arte internazionale che ogni galleria italiana vorrebbe averne uno, magari anche uno poco famoso ma rigorosamente di sangue britannico. Certo è che ultimamente anche gli artisti della Repubblica Ceca sono molto in voga ma l’Inghilterra è sempre l’Inghilterra. Gli Young British Artists sembrerebbero essere i porta bandiera di una vena creativa inesauribile, un vero tesoro per la terra di Albione per molto tempo devota a John Constable, J. M. W. Turner e Francis Bacon quali rappresentanti dell’arte britannica nel mondo. Oggi tutto è cambiato e la Gran Bretagna sembra sfornare un talento al mese. Dietro questa fucina di creatività c’è sicuramente la mente geniale di Charles Saatchi, proprietario dell’omonima galleria, collezionista d’arte e co-fondatore della famosa agenzia pubblicitaria londinese Saatchi and Saatchi.

Ma cominciamo per gradi, nel 1988 un gruppo di 16 artisti del Goldsmiths College di Londra capitanati da Mr. Damien Hirst al secondo anno di college, prese parte ad una storica mostra chiamata Freeze in uno spazio espositivo alternativo nei Docks di Londra. Alla mostra assistette anche il buon Saatchi che rimase subito colpito dagli animali sotto vetro di Hirst tanto da divenirne il maggiore collezionista.

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